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La lingua batte dove la mente vuole.

6 aprile 2016 by Siro 2 Comments

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Chiacchieravo con un amico di lingua e dialetto. Da sempre lui viene e poi fugge, attirato e respinto dalle sue radici. Ora ha un progetto che lo porta a leggere dei sonetti in romagnolo, la lingua dei nostri nonni e, un po’ meno, dei nostri genitori.

Leggere in questa lingua (potete dirmi che è un dialetto, ma l’italiano i miei nonni l’hanno imparato da adulti, quella era la loro lingua madre) lo ha portato a capire meglio la sua terra. E anche io ho fatto alcuni pensieri.

Alcune parole della nostra infanzia non hanno una traduzione diretta, ci sono certe parole che hanno una sfumatura in romagnolo che in italiano si possono rendere solo con parafrasi. E poi ci sono gli “errori atavici”.

HO RIMASTO. In romagnolo si dice “ho rimasto”, non “mi è rimasto”.

E io ho pensato una cosa, sicuramente non linguisticamente e filologicamente corretta, ma che mi importa.

Mi piace pensarla così. Il romagnolo di entroterra (mio nonno ha visto il mare la prima volta a 40 anni) è persona rude, non dà confidenza, poi, quando ti conosce, condivide con te tutto quello che ha.

La Romagna di mio nonno era terra faticosa, arida, c’era poca acqua, tanta povertà. Lui e la sua famiglia facevano i contadini, andavano a servizio da chi aveva la terra da lavorare, c’era una sola grande famiglia allargata, i bambini dormivano tutti insieme in un letto e mio padre mi racconta spesso che faceva così freddo che la pipì nel pitale si ghiacciava nottetempo. Lui e suo fratello avevano un solo paio di scarpe, da bambini; era gara a chi si svegliava prima, l’altro avrebbe portato gli zoccoli di legno tutto il giorno.

Tutto quello (poco) che mio nonno portava a casa era sudato e pagato con le piaghe nelle mani, e le ustioni sulle braccia lasciate libere dalla maglia di lana, d’estate.

Provo un moto d’affetto per questo nonno, sono convinta che non avrebbe potuto mai pensare “a me è rimasto”, come se fosse una cosa indeterminata. Lui sicuramente “ha rimasto”: tutto quello che ha, e non ha, è nelle sue mani.

Nonni
Nonna Elena, zia Sofia, nonno Angelo

 

In apertura: Giovanni Fattori, E poi?, 1903, Olio su tela, cm. 62×107, Collezione privata. Da Wikimedia commons.

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  1. Simone, quello che scrive su @purtroppo says

    6 aprile 2016 at 5:04 pm

    Davvero molto bello. Questo pezzo mi ha rimasto qualcosa addosso (adesso voglio vedere se usi la matita rossa!)

    Rispondi
    • Siro says

      6 aprile 2016 at 5:11 pm

      Solo per farti un cuoricino a pie’ di pagina <3

      Rispondi

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