Care bimbe,
da molto tempo ho in bozza un post che vi illustri come le pubblicità che si vedono per le strade e sui giornali, ad oggi, nel 2013, continuino a perpetuare un modello femminile arretrato, spesso addirittura offensivo.
Quasi mezzo secolo di rivendicazioni, di conquiste, di battaglie, eppure gli uomini (certi uomini, ma purtroppo sono tanti) continuano a vederci come massaie o come oggetti sessuali. E la cosa triste è che anche molte giovani donne stanno crescendo con la convinzione che tutto ciò sia giusto, sia normale, perché quello è il modello che si vedono continuamente riproporre davanti agli occhi.
Perché vi sto dicendo queste cose?
Perché spero che quando voi avrete vent’anni le cose saranno diverse. Che ci sarà bisogno di raccontarvi tutto ciò, perché la parità fra i sessi non vorrà solo dire andare a lavorare come gli uomini (ma con la gestione di casa e figli tutta sulle tue spalle, con lo stipendio più basso, con un ridimensionamento di mansioni se tieni famiglia). La mia grande speranza è che guardando queste pubblicità voi strabuzziate gli occhi e diciate “ma no dai mamma, è un fake, non può essere stato veramente così”.
Non posso cambiare la mentalità del resto del mondo, ma posso concorrere alla formazione del vostro modello femminile. Posso tenere gli occhi ben aperti e spiegarvi cosa non va nelle cose che vedete. Posso difendervi dalla pinkification dei giochi, posso non precludervi la gioia di fare “giochi da maschi”, posso mettervi la maglietta blu con le motociclette verdi visto che vi piace.
Posso firmare una petizione, che può sembrare inutile ma non lo è. Vedere che ci sono tante persone che, come me, sono stanche di queste cose, è confortante.
E non è inutile perché questa volta la petizione parte dall’ADCI, un’associazione di Art Director italiani, quindi di gente che la pubblicità la fa, non la guarda soltanto.
Quel famoso post non è ancora pronto, ma mi premeva scrivere queste cose oggi, perché da ieri è online la petizione al ministro delle pari opportunità, e magari le persone che leggono questo blog, nell’attesa che anche voi siate abbastanza grandi per farlo, possono andare a firmare a loro volta.
…
Anche se devo dire che Margaret non starebbe male per niente sulla confezione del dado knorr (scherzavo, prima che mi tiriate il bimby addosso).
Il titolo, per chi non l’avesse riconosciuto (e mi dispiace per te) viene da qui (così sai cosa ti sei perso finora).
elinor says
Cara Siro, l’argomento è molto serio. Condivido totalmente le tue considerazioni sul sessismo ancora imperante nella nostra società e ci sarebbe molto da fare, tuttavia una petizione sulla pubblicità mi lascia perplessa. Premetto che guardo molto poco la TV e che non sono un’esperta di comunicazione (men che meno di comunicazione pubblicitaria), quindi parlo da ignorante e mi scuso se dico castronerie. Ho sempre pensato che la pubblicità serva unicamente a vendere prodotti, quindi deve fare presa sullo spettatore medio, consentendogli di identificarsi in clichè rassicuranti. Proprio per la sua funzione commerciale e non certo culturale, la pubblicità segue i modelli sociali, non li anticipa, secondo me.
In questo contesto che può fare il ministro? Una petizione nella migliore delle ipotesi è inutile, nella peggiore ha uno sgradevole sapore di censura…
Una risposta efficace al sessismo in pubblicità sarebbe quella di non comprare i prodotti pubblicizzati in modo sessista, incidendo così sugli interessi commerciali, che sono l’unico motore della pubblicità.
Siro says
in Italia storicamente è sempre stato così, come dici tu, la pubblicità serve a vendere prodotti e per lo più lo fa usando i cliché rassicuranti. Ma pensa alle pubblicità progresso. Non vendono prodotti, cercano di farti pensare.
Pensa alle case di moda, non vendono solo vestiti, vendono stili di vita. Spesso nella pubblicità non ti fanno vedere quello che sei, ma quello che vorresti essere (figo per lo più). Il discorso è lungo e complicato, quello che voglio dire è che la società sta cambiando comunque. Le pubblicità anni ’50 con il marito che torna a casa stanco dal lavoro e la moglie è felice perché ha fatto l’arrosto col dado e la camicetta è venuta bianchissima sono decisamente datate. E svilenti per la donna.
per quello vedere la montalcini che fa la torta fa sorridere.
Qusta campagna poi è solo sui ruoli, non è sulla mercificazione del corpo delle donne (altro capitolo dolorosissimo).
Il ministro può fare molto, perché il sessimo è come il razzismo, chiude persone nei ghetti e qualcosa bisogna fare. Se ti uscisse una pubblicità in cui ci fossero offese per i neri non chiederesti al ministro di fare qualcosa?
La pubblicità, come le fiction, i libri e tutto quello che tu “consumi” non rispecchia solo la società, ma concorre alla costruzione dell’immagine che tu hai di essa. Sono i “discorsi” che si fanno su di essa che non solo la rispecchiano, ma la creano.
Molti pubblicitari aderiscono già a dei manifesti di autoregolamentazione etica, ma altri no, e mi sembra evidente.
Boicottare i prodotti è un’ottima arma, ma bisogna che le persone riconoscano il sessismo, e non è una cosa così scontata. Anche qui una pubblicità come questa può essere utile, ti fa pensare, ti fa ragionare.
C’è un meccanismo psicologico molto usato in pubblicità che si chiama “effetto di attivazione”. Io ti faccio notare una cosa, da quel momento tu vedrai quella cosa ovunque.
Se il ragazzo che ti piace ha una Y10 bordeaux, tu ti renderai conto che è pieno di y10 di quel colore, ovunque, sei circondata. Prima non ci avevi fatto caso.
Io ti faccio porre l’attenzione al fatto che nelle pubblicità la donna ha quasi sempre un ruolo di oggetto sessuale o di massaia e tu d’ora in poi vedrai questi cliché ovunque. Prima sarai incuriosita, poi spero che ti indignerai, fra qualche giorno magari firmerai anche tu la petizione 😉
elinor says
Sicuramente è come dici tu, il panorama è avvilente ma (fortunatamente per me )non guardo la televisione e leggo poco le riviste cartacee, quindi non ho idea del tipo di spot che va per la maggiore.
D’accordissimo sull’utilità delle pubblicità progresso, specie se ben fatte come questa (ma saranno tutti in grado di riconoscere Frida Kahlo?).
Sulla petizione, continuo ad avere dubbi sull’opportunità di invocare regole imposte dal’alto, sanno troppo di Stato etico. Per le pubblicità offensive, dovrebbero bastare le sanzioni civili e penali che già ci sono.
Il discorso da fare su come cambiare la mentalità delle nuove generazioni sarebbe lunghissimo e troppo articolato: si potrebbe scrivere un libro.
Posso solo ringraziarti per l’ottimo spunto, che mi ha fatto e mi farà riflettere ancora su un tema che, anche come madre, trovo cruciale.
Un abbraccio
Siro says
“Per le pubblicità offensive, dovrebbero bastare le sanzioni civili e penali che già ci sono.” hai pienamente ragione, ma purtroppo alcuni non riescono a vedere l’offesa, proprio perché dicono che la pubblicità rappresenta la realtà, mentre non fa altro che ricalcare e rinforzare lo stereotipo. A questo servono campagne come questa qui.
Quella su frieda kalo è la meno efficace secondo me. innanzitutto perché fra le signore ritratte è sicuramente la meno conosciuta dai più, e poi perché lo sferruzzare ormai ha un’altra dimensione, non è più una roba da casalinga disperata.
GIULIA says
la vedo grigia, finché i modelli imperanti degli italiani saranno calciatori e veline. Gli ultimi vent’anni ci hanno trascinati molto in basso…
Io mi rendo conto che il mondo “reale” non è quello che vivo tutti i giorni. E’ una visione un po’ snob, se vuoi, ma quando esco dal mio “piccolo mondo” vedo cose che non vorrei vedere.
Siro says
Anche per me è lo stesso. Per quello secondo me conta parlarne. Perché gente come me e te non si senta in assurda e totale estraneità dal resto del mondo. Parlarne è costruire insieme un modello alternativo.
A casa mia è normale che un uomo passi l’aspirapolvere e pulisca il bagno, per le mie figlie penso che vedere la parità in casa sia l’insegnamento migliore. A questo punto però devo spiegare loro perché il resto del mondo è diverso.
GIULIA says
spero di doverglielo spiegare più tardi possibile…
Valentina says
Questi argomenti mi stanno molto a cuore e sono d’accordo su tutto quello che avete scritto. In questo momento sento di vivere in un paese arretrato anzi in un paese tornato indietro di venti anni, forse di più….e vedo una politica assente e autoreferenziale, dove le donne contano niente… no vabbè basta, ho una botta di pessimismo cosmico…vado a firmare la petizione..iniziamo così..
Siro says
Se ci pensi Valentina noi abbiamo una responsabilità grande, ma anche una possibilità di cambiare le cose: siamo mamme, possiamo cercare di educare i nostri figli al rispetto. E le nostre figlie due volte: al rispetto degli altri e al rispetto di se stesse.
Silvia - Mamma Imperfetta says
Come te, anche io con i miei due maschi sto facendo passare questo lavoro educativo nella quotidianità, facendoli vivere senza distinzione di genere e ruolo.
I miei figli collaborano alle attività domestiche, si rifanno il letto, apparecchiano e sparecchiano. E stanno anche imparando a cucire, dato che io non sono capace.
Però a volte mi viene il dubbio di esagerare. Quando parlo con le mamme dei loro coetanei, sono i miei figli l’anomalia.
Siro says
Sarai anche l’anomalia, ma l’anomalia sana. E io, e le mamme di femmine con me, ti ringraziamo di cuore.
Le due giovanotte che divideranno una fetta di futuro con i tuoi figli saranno molto fortunate: bellissimi e civili, due principi azzurri moderni.
Veronica says
Ciao Silvia,
ciò che hai scritto mi gira in testa da ieri. Sono molto sensibile all’argomento in questione. Semplicemente perché sono una donna, ho tre figlie femmine, ragiono con lucidità sulle cose che mi stanno attorno e, pensa, ho scritto la tesi di laurea proprio sulla pubblicità in relazione alla figura femminile, una tesi appassionata con la quale mi sono regalata del grandissimo nervoso aggiuntivo, perché ora, ancor di più, sono conscia dei vari meccanismi sino alla radice dei neuroni (è lì che si attacca il messaggio pubblicitario, arriva sino in fondo).
Donna di casa o oggetto sessuale. Con la camicia triste da suorina, i capelli raccolti con la pinza e l’ammorbidente in mano oppure nude mentre ci mettiamo il deodorante o beviamo una birra. E’ così, è questo modello che continua ad essere proposto. E’ raccapricciante, volgare, medievale. Io sono un pò depressa, a tal riguardo, sai. E non ho mica tanta fiducia che le cose cambino a partire da loro (cultura, marketing, interessi economici, tv, mass-media…). Però alle mie bambine cerco di trasmettere attraverso il mio modo di essere, e con la più grande anche col dialogo e il confronto, un modello femminile sano, vero, non stereotipato, che ragiona, che ha rispetto di sè e della propria immagine e lo pretende dagli altri, che rispetta a sua volta gli altri, che è una mamma, una lavoratrice, una persona che si prende cura della casa col papà ed anche con la loro stessa, preziosa, collaborazione. Parto da me e da loro, insomma. Certo non basta, ma credo che come mamme abbiamo la grande responsabilità, ed anche l’immenso privilegio, di insegnare ai nostri figli, maschi o femmine che siano, ad essere persone vere, rispettose, pensanti, curiose, critiche, lucide, piene di personalità e fiducia in loro stessi, dando loro gli strumenti per riconoscere, a loro volta, quanto sia sbagliato e inaccettabile il modello imperante.
Ecco, vedi, ho la tachicardia, mentre scrivo. Mi bevo un bicchiere di latte caldo. Un abbraccio
Siro says
Mi dispiace averti inquietato, ma grazie a Dio che ci sono persone che si inquietano per questi argomenti. I nervosi che mi passo io quando vedo l’ennesima massaia in orgasmo per essere riuscita a smacchiare la camicetta o la donna ignuda per reclamizzare la plastica sigillante per la doccia…
Pensa che io ho fatto una tesi dal titolo “Da Venere a Minerva, il cinema delle donne combattenti”. Nel cinema americano il ruolo dell’eroina donna si è molto evoluto, anche se l’accento sul fisico (un fisico molto sessuato, non semplicemente un fisico atletico, come per gli uomini) è ancora molto forte.
Veronica says
Ma va, sono già molto turbata di mio, tranquilla.
Bella la tua tesi, davvero.
Un’ultima considerazione. Sai anche cosa cerco di trasmettere, come donna, alle bimbe? La sobrietà e la semplicità. Che una donna può essere carina, femminile e piacevole anche con un look discreto. Per niente facile. Non so se hai fatto caso a quanto la moda (dalle marche chic alle catene della grande distribuzione: non c’è verso di venirne fuori) proponga un abbigliamento per bambine raccapricciante: per bambine che vogliono sembrare adulte e…. che adulte! Minigonne, stivali con le fibbie e brillucci vari, scarpette con brillantini e accenni di tacchetti, strass, top, borsette. Dai tre-quattro anni, eh. Questo è agghiacciante: il modello viene proposto sin dall’inizio. Io mi sono sentita in colpa quando Bianca mi chiedeva le scarpe della Lelly Kelly, un diamante rosa plasticoso in cui infilare il suo piedino, e io mi rifiutavo ignorando il suo desiderio di essere come le sue compagne di classe. Ma lo rifarei di nuovo, uno di quei no che valgono, anche se lì per lì non sai bene come spiegarlo a tua figlia: sono brutte? Non hai buon gusto? Ciò che piace a te non piace a me? Un bel dilemma. Comunque possiamo trasmettere alle nostre figlie femmine anche il valore del buon gusto e della misura, a non essere volgari pur volendo essere graziose, desiderio che poi accomuna un pò tutte, che dci?
Siro says
E la cosa ancora più raccappricciante è che la moda è la stessa, dai 3 ai 60 anni. Tutte con l’ombelico fuori, la coscia al vento, la scollatura abissale. Tutte vestite da cene eleganti insomma, la nonna e la nipotina.
Il dilemma che dici tu è anche il mio, comprarle le scarpe senza provarle è impensabile, portarla è pericoloso…
Veronica says
Mooolto pericoloso! Che ridere, è vero!
E, sì, certo, anche le nonne scosciate e coi leggins è un altro capitolo mica da ridere. Che si ricollega ad un altro aspetto poco sano: vecchiaia uguale tabù. soprattutto al femminile eh . Per l’uomo è anche fascino, crescita, autorevolezza. Santi numi.
Se leggi buon weekend.
Siro says
Certo che leggo. Sono qui al pc, tra un antibiotico e un analgesico, a scrivere di depurazione di acque. 😀
Buon week end anche a te!
elinor says
Ciao Siro, ti segnalo sull’argomento un articolo interessante di Daniela Brancati sul blog la 27ma ora del Corriere della Sera, pubblicato il 22 maggio.
Bacio
Siro says
Grazie, Elinor, sono andata a leggerlo 😉
Leggi nuove, leggi vecchie… puché si faccia qualcosa!